Nel settore del benessere, e in particolare tra acconciatori ed estetiste, si sta consolidando un fenomeno sempre più evidente: la difficoltà a reperire personale qualificato, che rischia di frenare la crescita delle imprese. Nonostante una congiuntura economica non favorevole, il desiderio di investire su nuove assunzioni è vivo. Tuttavia, a mancare sono i profili professionali giusti.
Secondo la recente indagine “La domanda di lavoro nelle imprese artigiane” condotta dall’Area Studi e Ricerche della CNA, su un campione di oltre 2.000 imprese artigiane, micro e piccole associate – rappresentative dell’apparato produttivo nazionale – una piccola impresa su due intende assumere nel secondo bimestre del 2025. Eppure, questa intenzione si scontra con un ostacolo evidente: la scarsità di candidati con competenze adeguate.
Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro non è quindi episodico né legato unicamente all’andamento dell’economia. Già quattro anni fa, in una fase post-pandemica caratterizzata da una crescita del PIL attorno al 9%, il problema era simile. Oggi, nonostante una previsione di crescita sotto l’1%, la situazione non è cambiata: le imprese continuano a cercare, ma il mercato non risponde.
Nel comparto dei servizi, e in particolare nei mestieri della cura della persona – acconciatori e operatori estetici – si rileva una forte domanda di lavoro. Tuttavia, una impresa su tre non riesce a trovare alcun candidato idoneo, e quasi la metà segnala l’assenza di competenze adeguate tra coloro che si presentano.
A pesare è una combinazione di più fattori: percorsi formativi spesso disallineati dalle reali esigenze delle imprese, scarso appeal delle professioni legate al benessere tra i giovani (questi mestieri spesso vengono considerati troppo usuranti) ed elevata mobilità lavorativa, che rende difficile trattenere i collaboratori.
Sorprende che solo il 10,7% delle imprese si affidi a scuole, istituti di formazione o università per la ricerca del personale, e appena il 6,8% ai centri per l’impiego. Il canale di ricerca più utilizzato resta il passaparola (42,1%), un dato che solleva interrogativi sull’efficienza dei canali formativi e di orientamento istituzionale.
Nonostante questo scenario, acconciatori ed estetiste figurano tra i profili più ricercati all’interno del comparto dei servizi, insieme a cuochi, camerieri, autisti e meccatronici. Il problema non è la mancanza di domanda, ma l’inadeguatezza dell’offerta formativa e dell’incontro tra imprese e candidati.
Interessante notare come le imprese del benessere – al pari di altri comparti artigiani – manifestino un forte desiderio di stabilizzare i rapporti di lavoro: il 34,6% delle imprese intende assumere con contratto a tempo indeterminato, mentre il 21,5% ricorre all’apprendistato e il 9,8% al tirocinio. Un segnale che testimonia quanto questo settore sia tutt’altro che “precario”, e anzi cerchi continuità e fidelizzazione.
A rendere ancora più rilevante il fenomeno è il fatto che questa tendenza alle assunzioni si manifesti nonostante una crescita economica debole. Come spiegato nell’indagine CNA, molte imprese stanno adottando la strategia di labour hoarding: assumere o trattenere personale anche nei periodi di stagnazione, per non rischiare di non trovare più manodopera qualificata nel momento della ripresa.
Il settore del benessere, dunque, e in particolare le attività di acconciatore ed estetista, rappresenta un pilastro dell’economia artigiana e del tessuto sociale del nostro Paese. Ma per continuare a offrire qualità e innovazione ha bisogno di nuove energie, competenze aggiornate e una filiera formativa che sappia davvero rispondere ai bisogni delle imprese.
Questo articolo Acconciatori ed estetiste cercasi: il mismatch che rallenta le imprese del benessere è stato pubblicato su CNA.
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