Tatuaggio e dermopigmentazione: similitudini e differenze

Ott 11, 2024News Nazionali0 commenti

Nonostante sia una tecnica in uso da svariati anni anche in Italia, spesso si confonde la dermopigmentazione con il tatuaggio. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

Dermopigmentazione e tatuaggio sono tecniche simili, in quanto entrambe coinvolgono l’inserimento di pigmenti nella pelle, ma differiscono per finalità, tecniche e strumenti utilizzati.

Il tatuaggio, infatti, è un’arte decorativa permanente che, tradizionalmente, viene eseguita per motivi estetici e creativi, con disegni artistici applicati sulla pelle da un artista.

La dermopigmentazione è, invece, una procedura estetica volta a migliorare l’aspetto naturale della pelle, ricreare lineamenti del viso che sono stati cancellati dall’età o da interventi esterni, attraverso diverse tecniche, come la micropigmentazione delle sopracciglia o il trucco permanente (ad esempio, eyeliner o labbra), laddove si sia verificata la perdita di colore per estrema secchezza o herpes, cicatrici, operazioni chirurgiche o di medicina estetica, o per trattamenti di paramedicina (ad esempio, per coprire cicatrici o ricostruire l’areola mammaria dopo un intervento chirurgico).

La dermopigmentazione può dunque valorizzare l’espressione di un volto, intensificare lo sguardo, ridare incisività e colore dove si è perso. È comprensibile, quindi, che per tale tecnica sia necessaria una conoscenza del trucco, dell’anatomia del viso, della pelle e dei muscoli in generale, della psicosomatica.

Per quanto riguarda gli strumenti del mestiere, i tatuatori utilizzano aghi e macchinette in grado di penetrare in profondità nella pelle, solitamente nello strato dermico (circa 2-3 mm di profondità), e i pigmenti inseriti sono normalmente a base di inchiostro e non vengono riassorbiti, garantendo un effetto permanente. Anche se possono sbiadire nel tempo, i tatuaggi tendono, infatti, a rimanere visibili per tutta la vita.

Per la dermopigmentazione vengono utilizzati strumenti simili a quelli del tatuaggio, ma generalmente più delicati e specifici per il trattamento di zone sensibili come il viso.

In particolare il dermografo, lo strumento chiave nella dermopigmentazione, è simile a una piccola penna elettrica dotata di aghi molto fini ed è specificamente progettato per applicazioni estetiche estremamente precise, garantendo un risultato delicato e controllato, utilizzando, tra le altre cose, inchiostri che permettono di modificare nel tempo la traccia, in conseguenza alle modifiche morfologiche date dall’età e dalle mode.

Il dermografo viene, inoltre, utilizzato per creare linee sottili e dettagliate, specialmente per tecniche come la tricopigmentazione (per simulare capelli), micropigmentazione delle sopracciglia e altre applicazioni di trucco semi-permanente. È, inoltre, regolabile, permettendo di scegliere diverse velocità e profondità di inserimento degli aghi in base alla parte del corpo trattata e al risultato desiderato.

Nella guida “Macchinari estetici – come orientarsi nel mercato e fare la scelta giusta” redatta da CNA Benessere e Sanità in collaborazione con FAPIB, vengono approfondite le caratteristiche di questo strumento, i motivi per i quali non deve essere confuso con la dermapen, quale sia l’utilizzo consentito e chi può farne uso.

Infatti, la dermopigmentazione può essere eseguita da estetiste specializzate che abbiano ricevuto una formazione specifica e operino in conformità alle normative igienico-sanitarie locali.

Per approfondimenti sul dermografo, è possibile consultare la guida “Macchinari estetici – come orientarsi nel mercato e fare la scelta giusta”, richiedendola a questo link.

Questo articolo Tatuaggio e dermopigmentazione: similitudini e differenze è stato pubblicato su CNA.

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