Legge di Bilancio, sul welfare poche strategie

Feb 19, 2025News Nazionali0 commenti

 

La Legge di Bilancio, per definizione la legge di matrice politica per eccellenza, a parere di CNA quest’anno dimostra, almeno per le tematiche previdenziali e assistenziali, una preoccupante carenza di visione strategica per il futuro del Paese. Ciò si deduce innanzitutto dai numerosi interventi di natura assistenziale previsti nel testo di legge: questi in generale si pongono, salvo rarissime eccezioni, in antitesi rispetto all’intervento programmato e strutturato, basato, quest’ultimo invece, su una visione determinata e su uno o più obiettivi da raggiungere.

Gli interventi e i bonus vari di natura assistenziale, che si estrinsecano in somme di denaro una tantum distribuite a pioggia, oltre ad essere molto costosi per il bilancio dello Stato, non forniscono mai apprezzabili riscontri in termini di risultato. Come dire, a fronte di un importante investimento, il risultato, anche in termini sociali, è quasi mai garantito.

Un esempio su tutti: il tema della denatalità. Tema che tanto avrebbe bisogno di visione e interventi strutturali nel Paese e che invece, anche in quest’ultima Legge di Bilancio, deve accontentarsi di bonus e interventi simili. È stata infatti introdotta dalla manovra la nuova carta “Nuovi Nati”, che altro non è che un nuovo bonus bebè, pari a mille euro una tantum, riconosciuto per ogni figlio nato dal 2025 ai genitori con un Isee non superiore a 40mila euro.

Inoltre, sempre in tema di genitorialità, viene estesa a tre mesi la possibilità di congedo all’80% della retribuzione fino ai sei anni del bambino. Per il resto, sul cruciale tema della natalità, solo conferme o novità residuali quali, ad esempio, l’esclusione dal calcolo dell’Isee per i vari bonus nido, delle somme percepite a titolo di Assegno unico universale.

Per concludere questa prima parte di ragionamento, dobbiamo rilevare, ancora una volta, come non vi sia una visione di lungo periodo che possa garantire, attraverso politiche mirate, un reale contrasto alla denatalità nel nostro Paese, ma piuttosto il reiterarsi di bonus e misure spot. Su questo tema sarebbe invece necessario intervenire, a parere di chi scrive, con investimenti strutturali che possano, a esempio, introdurre in tutte le scuole il tempo pieno, aumentare sensibilmente numero e accessibilità agli asili nido e, anche nelle scuole, prevedere attività varie negli interminabili mesi di chiusura scolastica estiva.

Un altro indicatore che conferma la preoccupante mancanza di visione, e che è strettamente legato al tema trattato in precedenza, è quello pensionistico. In materia, la Legge di Bilancio conferma la politica restrittiva già posta in essere nelle due precedenti manovre, incentivando da un lato la permanenza in servizio dei lavoratori in possesso dei requisiti per accedere a particolari forme di pensionamento e, dall’altro, inasprendo i requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico.

La visione, in materia pensionistica, si materializza pertanto attraverso un semplice e mal celato ostacolo al pensionamento, “con le buone” (incentivi al trattenimento in servizio) o “con le cattive” (inasprimento dei requisiti, ricalcoli meno favorevoli e tetto d’importo del trattamento pensionistico).

A ben vedere, le maggiori novità di rilievo che è dato di riscontrare in questa Legge di Bilancio sono costituite dalla (ennesima) proroga per l’anno 2025 di tre misure importanti per la flessibilità in uscita: Opzione donna, Quota 103 e Ape sociale. Soprattutto le prime due (Opzione donna e Quota 103), in verità, sono state rese dalle ultime due leggi di Bilancio davvero poco applicabili e poco convenienti per il lavoratore, per il combinato disposto, rispettivamente, dell’inasprimento eccessivo dei requisiti, del ricalcolo del trattamento con il sistema contributivo e dei previsti limiti di importo erogabile.

Anche qui, pertanto, occorre rilevare la mancanza di strategia. La materia pensionistica, che necessiterebbe di visione e di interventi strutturali per affrontare un’altra sfida cruciale per il Paese quale l’invecchiamento della popolazione, viene risolta dalla manovra di bilancio con le proroghe di un anno delle tre misure sperimentali sopra citate e con poche altre norme, a volte in contraddizione tra di loro. Contradditori appaiono, a esempio, i singolari interventi in materia di “importo soglia” di alcuni trattamenti pensionistici calcolati con il sistema interamente contributivo.

Nel merito, l’importo soglia è un importo minimo di pensione, parametrato all’Assegno sociale Inps, che l’assegno pensionistico deve raggiungere per poter andare in pensione. Esso rappresenta un vero e proprio requisito, al pari dell’età o dell’anzianità contributiva, e risponde al fondamentale principio costituzionale di “adeguatezza” delle prestazioni (ex art. 38 della Costituzione), in base al quale ai lavoratori vanno garantite prestazioni pensionistiche adeguate in termini di importo. Ciò spiega il motivo per il quale l’importo soglia si applica solo ad alcune delle prestazioni liquidate interamente con il sistema di calcolo contributivo, notoriamente meno favorevole rispetto al sistema “retributivo”.  Esso, in altri termini, risponde alla necessità di garantire importi pensione dignitosi.

Già con la Legge di Bilancio dello scorso anno era stato abbassato l’importo soglia, da 1,5 volte l’Assegno sociale (808,02 euro) a una volta (538,68 euro), per l’accesso alla pensione di vecchiaia contributiva, mentre ora, con la Legge di Bilancio 2025, viene innalzato il medesimo importo soglia, da tre (1.616,04 euro) a 3,2 volte l’Assegno sociale (1.723,8 euro), per l’accesso al pensionamento anticipato per i contributivi puri. Da notare che tale medesimo importo soglia era già stato innalzato da 2,8 a tre nella precedente Legge di Bilancio.

Alla luce di quanto sopra, si può affermare che da tutte queste modifiche ad uscirne mortificato è il citato principio costituzionale di adeguatezza delle prestazioni poiché, da un lato, ritenere che una pensione che non arriva a 540 euro al mese sia adeguata è del tutto inappropriato e, dall’altro, aumentare progressivamente fino a 3,2 volte l’importo soglia per la pensione anticipata significa usare un principio costituzionale per ostacolare il pensionamento dei lavoratori e non per lo scopo di sicurezza sociale per il quale è stato previsto.

Antonio Licchetta

 

Questo articolo Legge di Bilancio, sul welfare poche strategie è stato pubblicato su CNA.

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