Crisi tedesca e ricadute italiane, sul quotidiano francese “Le Figaro” la posizione CNA

Dic 9, 2024News Nazionali0 commenti

La stampa francese accende i riflettori sul rallentamento dell’economia europea e in particolare sulla crisi tedesca vista dall’Italia. E chiede alla CNA la fotografia della situazione vista dall’angolatura di artigiani, micro e piccole imprese il quotidiano “Le Figaro”, con “Le Monde” i più autorevoli appresentanti dell’informazione transalpina.

La corrispondente da Roma de “Le Figaro”, Valérie Segond, parte la sua disamina dalla Lombardia, la regione europea più dipendente dall’economia tedesca, con ben 20 miliardi di euro equivalenti di esportazioni. Si focalizza sulla situazione di Brescia, dove secondo una indagine congiunta Università Cattolica – Confindustria otto imprese su dieci che esportano in Germania temono una riduzione delle loro vendite quest’anno.

Citando dati dell’Istat, “Le Figaro” rileva una riduzione del 5,5% delle esportazioni industriali tricolori verso la Germania nei primi nove mesi dell’anno. A parere del direttore dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Libero Monteforte, la crisi tedesca incide su tre settori soprattutto: automobilistico, beni durevoli, robot. Il problema che preoccupa l’economista Marco Fortis, è che l’effetto a cascata in tutta Europa della crisi tedesca riduce gli acquisti di macchine utensili italiane non solo direttamente da parte di Berlino ma da molti altri Paesi del Vecchio Continente.

Timori fatti propri dalla CNA che, numeri del proprio Centro studi alla mano, lamenta una crisi ben più ampia, sottolineando come la crisi dell’export tricolore abbia riguardato otto settori manifatturieri su tredici, compresi moda e arredamento, oreficeria e bigiotteria. Sicché nel 2013 la stagnazione tedesca sarebbe costata all’Italia lo 0,6% della produzione manifatturiera e lo 0,2% del Prodotto interno lordo. Un effetto significativo, che rappresenta un quarto dell’effetto del rallentamento del ciclo internazionale sull’Italia. Benché il nostro Paese, come conclude Monteforte, sia molto duttile e le nostre imprese in grado di adattarsi a mercati mutati, tanto da essere diventato il quarto esportatore mondiale, da quinto che era, dopo aver scavalcato il Giappone.

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