Nonostante sia una tecnica in uso da svariati anni anche in Italia, spesso si confonde la dermopigmentazione con il tatuaggio. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.
Dermopigmentazione e tatuaggio sono tecniche simili, in quanto entrambe coinvolgono l’inserimento di pigmenti nella pelle, ma differiscono per finalità, tecniche e strumenti utilizzati.
Il tatuaggio, infatti, è un’arte decorativa permanente che, tradizionalmente, viene eseguita per motivi estetici e creativi, con disegni artistici applicati sulla pelle da un artista.
La dermopigmentazione è, invece, una procedura estetica volta a migliorare l’aspetto naturale della pelle, ricreare lineamenti del viso che sono stati cancellati dall’età o da interventi esterni, attraverso diverse tecniche, come la micropigmentazione delle sopracciglia o il trucco permanente (ad esempio, eyeliner o labbra), laddove si sia verificata la perdita di colore per estrema secchezza o herpes, cicatrici, operazioni chirurgiche o di medicina estetica, o per trattamenti di paramedicina (ad esempio, per coprire cicatrici o ricostruire l’areola mammaria dopo un intervento chirurgico).
La dermopigmentazione può dunque valorizzare l’espressione di un volto, intensificare lo sguardo, ridare incisività e colore dove si è perso. È comprensibile, quindi, che per tale tecnica sia necessaria una conoscenza del trucco, dell’anatomia del viso, della pelle e dei muscoli in generale, della psicosomatica.
Per quanto riguarda gli strumenti del mestiere, i tatuatori utilizzano aghi e macchinette in grado di penetrare in profondità nella pelle, solitamente nello strato dermico (circa 2-3 mm di profondità), e i pigmenti inseriti sono normalmente a base di inchiostro e non vengono riassorbiti, garantendo un effetto permanente. Anche se possono sbiadire nel tempo, i tatuaggi tendono, infatti, a rimanere visibili per tutta la vita.
Per la dermopigmentazione vengono utilizzati strumenti simili a quelli del tatuaggio, ma generalmente più delicati e specifici per il trattamento di zone sensibili come il viso.
In particolare il dermografo, lo strumento chiave nella dermopigmentazione, è simile a una piccola penna elettrica dotata di aghi molto fini ed è specificamente progettato per applicazioni estetiche estremamente precise, garantendo un risultato delicato e controllato, utilizzando, tra le altre cose, inchiostri che permettono di modificare nel tempo la traccia, in conseguenza alle modifiche morfologiche date dall’età e dalle mode.
Il dermografo viene, inoltre, utilizzato per creare linee sottili e dettagliate, specialmente per tecniche come la tricopigmentazione (per simulare capelli), micropigmentazione delle sopracciglia e altre applicazioni di trucco semi-permanente. È, inoltre, regolabile, permettendo di scegliere diverse velocità e profondità di inserimento degli aghi in base alla parte del corpo trattata e al risultato desiderato.
Nella guida “Macchinari estetici – come orientarsi nel mercato e fare la scelta giusta” redatta da CNA Benessere e Sanità in collaborazione con FAPIB, vengono approfondite le caratteristiche di questo strumento, i motivi per i quali non deve essere confuso con la dermapen, quale sia l’utilizzo consentito e chi può farne uso.
Infatti, la dermopigmentazione può essere eseguita da estetiste specializzate che abbiano ricevuto una formazione specifica e operino in conformità alle normative igienico-sanitarie locali.
Per approfondimenti sul dermografo, è possibile consultare la guida “Macchinari estetici – come orientarsi nel mercato e fare la scelta giusta”, richiedendola a questo link.
Questo articolo Tatuaggio e dermopigmentazione: similitudini e differenze è stato pubblicato su CNA.
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