Il calo dell’inflazione di maggio al 7,6%, lo stesso livello di marzo dopo la crescita di aprile, non permette di esultare. Tanto più in quanto l’aumento dei prezzi in Italia rimane sensibilmente più elevato del +6,1% registrato nell’Eurozona. Dopo una veloce crescita, l’arretramento è sicuramente lento in tutta Europa.
CNA chiede alla politica italiana e all’Ue interventi in grado di raffreddare i prezzi, prima di tutto contrastando la speculazione. L’inflazione elevata, infatti, può avere conseguenze pericolose sull’andamento dell’economia, a cominciare dal calo del potere di acquisto e dalle sue conseguenze sulla domanda interna. È l’inflazione che non scende il motivo addotto dalla Banca centrale europea per incrementare i tassi di interesse. Il combinato disposto di prezzi alti e costo del denaro in crescita può trasformarsi in un’autentica ‘tagliola’ per famiglie e imprese.
La dinamica dei prezzi rimane influenzata in particolare dall’andamento dei prodotti energetici. È necessario intervenire quindi sui mercati, europei in particolare, che determinano i corsi delle materie prime, sviluppando una effettiva concorrenza. Così come un problema di concorrenza va risolto in Italia nei servizi pubblici.
CNA è preoccupata dalle conseguenze che l’inflazione alta possa avere sul rinnovo dei contratti collettivi di lavoro. L’incremento dei prezzi non corrisponde alla crescita di valore aggiunto da distribuire anche per l’annoso calo di produttività del sistema, dovuto perlopiù alla carenza delle infrastrutture, materiali e immateriali, e alla scarsa competitività dei servizi pubblici. Di conseguenza, la perdita di potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti non può essere compensata e questo potrebbe creare tensioni sociali di cui l’Italia non ha certo bisogno.
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